Un altro contesto per il quale è stato suggerito un ruolo patogenetico all’ ipotalamo è rappresentato dalla cefalea a grappolo. La cefalea a grappolo è caratterizzata da tipici dolori retroorbitali o periorbitali monolaterali di durata variabile dai 15 e i 180 minuti di intensità estrema a cui si accompagna una sintomatologia vegetativa costituita da lacrimazione, chemosi congiuntivale, rinorrea e congestione nasale, miosi, ptosi palpebrale. Nell’ 80% dei soggetti la cefalea ha una ricorrenza stagionale molto stretta con grappoli di crisi alternati a periodi liberi di mesi o anni. Numerosi studi retrospettivi hanno dimostrato una ricorrenza stagionale e circadiana della cefalea e in diversi casi la presenza di fattori scatenanti come l’alcol, tensioni parziali di ossigeno basse. Sulla base di queste osservazioni oltre che del coinvolgimento autonomico trigeminale è stato postulato un possibile ruolo patogenetico dell’ipotalamo come generatore della cefalea anche per l’ emicrania continua e la SUNCT come è stato postulato sulla base sia da evidenze di tipo biochimico che da studi con neuroimaging funzionale con PET e con RM e RM spettroscopia. In particolare l’ alterazione funzionale a livello della porzione ipotalamica posteriore ha indotto alcuni autori a utilizzare la DBS nel trattamento dei casi farmaco resistenti. I risultati di tale metodica sembrano promettenti e anche in follow up a distanza di anni dall’impianto i risultati favorevoli confermano l’utilità dell’approccio chirurgico. Aldilà dell’aspetto terapeutico risolutivo resta tuttavia ancora da spiegare quale si il ruolo giocato dall’ipotalamo nelle cefalee a grappolo. Oltre alla cefalea a grappolo anche la più comune emicrania potrebbe riconoscere nell’ ipotalamo un generatore. Evidenze a favore di ciò derivano dall’ osservazione nei pazienti cefalalgici di un’alterata escrezione di melatonina, di un’alterata risposta di beta endorfina e cortisolo al naloxone e nell’ attivazione dell’ asse ipotalamo ipofisario. Inoltre l’alterazione dei test cardiovascolari e della pupillometria indicherebbero una disfunzione del sistema autonomico in fase intercritica.
Cefalea a grappolo: dolori retroorbitali o periorbitali monolaterali di durata variabile dai 15 e i 180 minuti di associati a coinvolgimento autonomico trigeminale
Evidenze: biochimiche -> ridotta produzione di cortisolo, prolattina e ormoni sessuali, neuroradiologiche -> alla PET attivazione ipotalamica ipsilaterale al dolore nelle crisi farmacoindotte, neurochirurgiche -> la DBS ipotalamaica è in grado di risolvere la sintomatologia dolorosa nei pazienti con farmacoresistenza
Un terzo e non meno importante contesto sul piano epidemiologico in cui è possibile considerare l’ipotalamo come attore patogenetico primario è rappresentato dalla depressione. Secondo il DSM IV è definito episodio di depressione maggiore quello caratterizzato da un periodo di almeno 14 giorni di umore depresso associato ad almeno tre dei seguenti sintomi: agitazione psicomotoria o rallentamento, significativo calo ponderale, insonnia o ipersonnia, stancabilità e perdita di energia, ridotta capacità di pensiero, di concentrazione e di decisione con tendenza al suicidio. Frequentemente inoltre sono associati ansietà e ridotta libido. L’andamento degli episodi depressivi è spesso ricorrente e in molti casi è osservata una stagionalità . Un aspetto noto della depressione che rende ragione del coinvolgimento ipotalamico è costituito dall’ iperattività dello “stress system�?. Nei pazienti con depressione la somministrazione di steroidi (desametasone) e CRH (corticotropin releasing hormone) conferma la presenza di una resistenza al feedback negativo a livello del nucleo paraventricolare e della pineale. Studi autoptici hanno evidenziato un aumento dei neuroni CRH positivi e un aumento del mRNA-CRH nel nucleo paraventricolare. Inoltre l’uso di un antagonista del recettore CRH1 in soggetti depressi ha dimostrato un valore terapeutico. Un incremento di attività è stato inoltre evidenziato nei neuroni che esprimono vasopressina e ossitocina probabilmente come risposta agli effetti del CRH. Una minore fluttuazione circadiana della temperatura corporea e una riduzione del TSH e della melatonina, una destrutturazione della normale architettura neurofisiologica del sonno sarebbero ulteriori prove a conferma del coinvolgimento sia dei centri ipotalamici regolatori del sonno che del nucleo sopra chiasmatico. A quest’ultima struttura sarebbe infine correlabile l’iperattivazione, mediata da una ridotta produzione di vasopressina (la cui azione è di inibizione del CRH), del sistema CRH correlato.
Depressione: periodo di almeno 14 giorni di umore deflesso associato ad almeno tre dei seguenti sintomi: agitazione psicomotoria o rallentamento, significativo calo ponderale, insonnia o ipersonnia, stancabilità e perdita di energia, ridotta capacità di pensiero, di concentrazione e di decisione con tendenza al suicidio
Evidenze: iperattività dello “stress system�? con aumento della secrezione di corticotropina e cortisolo secondari a resistenza al feedback negativo a livello del nucleo paraventricolare e ipofisi.
Corrispondenza:
Franco Grassi
UO Neurologia, AO G Salvini
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