Ipotalamo e dolore
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Massimo Leone
Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta, Milano
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L’ipotalamo è verosimilmente l’area del cervello più importante per la regolazione ed integrazione delle principali funzioni dell’organismo. A questo livello le funzioni neurovegetative, neuroendocrine, affettive, emozionali e cognitive si incontrano tra loro grazie ad un flusso costante di informazioni che raggiunge l’ipotalamo dalle principali aree del sistema nervoso centrale.
L’ipotalamo è inoltre il centro ove risiedono i neuroni che scandiscono il ritmo delle principali funzioni biologiche, facilitando la “sincronizzazione�? tra assetto endogeno e condizioni ambientali, come per esempio le variazioni del ciclo luce-buio.
Il ruolo primario dell’ipotalamo nella regolazione del sistema neurovegetativo e neuroendocrino è ben noto ed ampiamente studiato. Ma altre importanti funzioni vengono svolte a questo livello. L’ipotalamo è coinvolto nella memoria grazie al circuito del Papez (memoria a lungo termine), formato da ippocampo connesso ai corpi mammillari dell’ipotalamo tramite il fornice, e a sua volta connesso ai nuclei anteriori del talamo. Il circuito si chiude con la connessione tra nuclei anteriori del talamo ed ippocampo. Tali connessioni sono fondamentali per le basi nervose degli stati emozionali. Queste strutture, che nel loro insieme fanno parte del sistema limbico, sono coinvolte nel determinare i sentimenti ed il comportamento. Alcune zone dell’ipotalamo sono coinvolte nell’aggressività : difatti la microlesione condotta con metodica stereotassica a livello dell’ipotalamo postero-mediale permette di controllare l’aggressività risultata resistente alle terapie farmacologiche. Anche il sentimento di paura, attribuito prevalentemente all’amigdala, può essere prodotto per stimolazione elettrica dell’ipotalamo. Nell’ipotalamo si trovano i centri della fame e della sazietà . E’ possibile indurre un’eccessiva introduzione di cibo tramite la stimolazione di centri ipotalamici specifici, come è anche possibile indurre anoressia stimolando centri diversi ma sempre a livello ipotalamico. Nell’uomo è possibile indurre una sensazione piacevole di rilassamento e riduzione dello stato di tensione con la stimolazione ipotalamica, senza che questa si trasformi in uno stato di piacere estasico.
Il dolore è sicuramente una delle condizioni che più di frequente l’essere vivente, sia umano sia animale, prova. Per poter meglio comprendere la natura del fenomeno dolore, questo può essere suddiviso in due componenti: una discriminativa ed una affettivo/emozionale. La prima permette di localizzare e tipizzare, cioè discriminare, lo stimolo che evoca dolore. La seconda ne determina i connotati più o meno spiacevoli, abbina la percezione dello stimolo neurogeno ad un vissuto affettivo/emotivo ed ad una memoria del dolore. Questa seconda componente è alla base delle reazioni riflesse e dei comportamenti che permettono la sopravvivenza e conservazione della specie. Ha, nell’uomo, potenzialità soggettive molto più ampie della componente discriminativa della prima poichè nasce dall’integrazione del sintomo dolore con la sfera affettiva, emozionale e cognitiva.
La gran parte degli studi sul dolore riguardano l’anatomia, fisiologia e neurochimica della componente discriminativi del dolore. In termini anatomici quest’ultima è prevalentemente costituita dalla via spinotalamica che origina coi neuroni di secondo ordine nelle corna posteriori del midollo spinale, raggiunge con organizzazione somatotopica il nucleo ventroposterolaterale del talamo controlaterale e da qui il neurone di terzo ordine alla corteccia somatosensoriale. Appare comunque riduttivo considerare il fenomeno dolore come unicamente attribuibile alla attivazione di tre sinapsi: tra neuroni di primo e secondo ordine (midollo spinale), secondo e terzo ordine (livello talamico) e a livello corticale (via talamo-corticale). Difatti il dolore deve essere visto in una ottica ampia, non solo di percezione localizzatoria e discriminatoria, poiché esso è a tutti gli effetti una condizione complessa che coinvolge numerose strutture cerebrali e comporta stati neurovegetativi, neuroendocrini, affettivi, emozionali, cognitivi e comportamentali altamente integrati.
In accordo con tale visione, l’ipotalamo rappresenta l’area cerebrale ideale per una integrazione cosi complessa e completa. Non stupisce quindi come siano sempre più numerose le segnalazioni in letteratura del ruolo svolto dall’ipotalamo nel dolore. Ma mentre fino a poco tempo fa l’ipotalamo veniva visto unicamente e prevalentemente come il centro per la regolazione/integrazione delle risposte riflesse di natura neurovegetative e neuroendocrina, dati recenti suggeriscono in modo sempre più chiaro il ruolo primario e diretto dell’ipotalamo nella nocicezione.
Negli ultimi anni sono state dimostrate vie che trasportano all’ipotalamo informazioni nocicettive, somatiche e viscerali, da tutte le aree corporee. Queste informazioni raggiungono l’ipotalamo non solo attraverso la ben nota via multisinaptica spinoreticoloipotalamica, ma anche attraverso una via di recente identificazione, la via diretta spinoipotalamica. Ancora più di rilievo e filogeneticamente interessante, è la documentazione della via diretta trigeminoipotalamica. Questa conduce informazioni, sia dolorose che non, da tutte le strutture del capo e in modo diretto, al di fuori quindi delle vie multisanptiche fino ad oggi riconosciute. Grazie alla via trigeminoipotalamica, stimoli algogeni e non raggiungono immediatamente e direttamente l’ipotalamo dalle meningi, dalle arterie intra ed extraniche, dalla cute di tutta la testa, dalla cornea, dalle mucose, dalla polpa dentaria etc. Tale via anatomica nell’animale condiziona comportamenti di esplorazione dell’ambiente, correlati sia alla nutrizione che alla difesa di organi vitali, quali gli occhi e quindi la vista, il naso e quindi l’olfatto, le orecchie e quindi l’udito, la bocca e la lingua e quindi il gusto e l’alimentazione. E’ una via anatomica mai studiata in precedenza ma che apre nuovi orizzonti nella comprensione del fenomeno “dolore facciale�? nell’essere umano, in tutte le sue varie espressioni.
A tale riguardo è di particolare interesse la dimostrazione del coinvolgimento dell’ipotalamo in alcune sindrome dolorose craniofacciali. Tramite studi di tomografia ad emissione di positroni (PET) è stata documentata l’attivazione dell’ipotalamo posteriore nella cefalea a grappolo. Questa è un forma dolorosa caratterizzata da crisi di breve durata, sempre dallo stesso lato, con importanti fenomeni oc@lofacciali omolaterali e contemporanei al dolore, quali lacrimazione, iniezione coingiuntivale, rinorrea, arrossamento facciale etc. Successivi studi con voxel based morphometry MRI condotti sempre nella cefalea a grappolo, hanno documentato una aumentata densità neuronale nella stessa area ipotalamica risultata attivata negli studi di PET. Gi studi di attivazione (PET) e morfologici (voxel based morphometry MRI) hanno permesso di identificare per la prima volta nella storia delle cefalea primarie un probabile sito di lesione. In neurologia, la ricerca del possibile sito della lesione rappresenta il quesito primario quando si indaga sulle cause di una malattia. Per esempio nel Morbo di Parkinson, l’avere identificato le aree responsabili dei disturbi del movimento ha permesso di sviluppare una importante metodica terapeutica la stimolazione stereotassica delle strutture cerebrali, impiegata soprattutto nelle forme farmacoresistenti. Grazie alla stimolazione cerebrale profonda è possibile interferire con le strutture ed i circuiti cerebrali malfunzionanti in modo da ripristinarne un più soddisfacente funzionamento. Oltre che nel Morbo di Parkinson e nei disturbi del movimento, la stimolazione cerebrale profonda viene impiegata anche nelle forme di epilessia farmacoresistente, quando è possibile identificare il focus epilettogeno. L’identificazione del sito della lesione nella cefalea a grappolo ha portato alla estensione della metodica stereotassica anche per le forme croniche e farmacoresistenti di tale malattia. A distanza di oltre 4 anni dal primo impianto ipotalamico, i risultati sono eccellenti: difatti si verifica la scomparsa delle crisi dolorose nella grande prevalenza dei casi. Nella SUNCT (short-lasting unilateral neuralgiform headache attacks with conjunctival injection and tearing), una forma di cefalea primaria simile alla cefalea a grappolo ma caratterizzata da crisi dolorose molto più brevi e frequenti, è stata riscontrata l’attivazione dell’ipotalamo posteriore così come riportato nella cefalea a grappolo. E come nella cefalea a grappolo, anche in questo caso la stimolazione dell’ipotalamo con metodica stereotassica ha determinato uno spettacolare miglioramento laddove i farmaci non avevano sortito effetti.
Questi dati, nel loro insieme, indicano chiaramente che l’ipotalamo svolge un ruolo primario e diretto nella nocicezione.
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