Autore Topic: Autocritiche della comunità scietifica  (Letto 4978 volte)

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Autocritiche della comunità scietifica
« il: Settembre 11, 2008, 01:07:45 Gio »
Rassegna
Confinia Cephalalgica 2007;XVI(2)
Cefalea a grappolo: un problema di inadeguatezza assistenziale
Paolo Rossi
Centro Interuniversitario Cefalee e Disordini Adattativi (UCADH, sezione di Pavia), IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico C. Mondino”, Pavia
Sebbene siano disponibili precisi criteri diagnostici, il paziente affetto da cefalea a grappolo si ritrova spesso orfano di aiuto medico. L’autore concorda con gli specialisti del settore sulla scarsa consapevo-lezza medica rispetto a questa forma di cefalea e pone alcune riflessioni sul management diagnostico della cefalea a grappolo. In conclusione ritardi e difficoltà sembrano doversi attribuire ad un problema di inadeguatezza assistenziale mettendo in risalto la necessità di dare maggior spazio alla formazione e all’aggiornamento professionale mirato.
Parole chiave: cefalea a grappolo, diagnosi, assistenza sanitaria
Despite the availability of clear diagnostic criteria, patients affected by cluster headache often find themsel-ves lacking the medical help they need.
The author agrees with sector specialists that the level of medical awareness of cluster headache is poor, and offers a few reflections on the diagnostic management of this particular form of headache. In short, the delays and difficulties encountered by these patients, which seem to be attributable to a problem of inade-quate care, underline the need to devote more attention to targeted training and updating of headache sec-tor professionals.
Key words: cluster headache, diagnosis, health care
Aunque estan disponibles criterios precisos de diagnóstico,el paciente que padece de cefaleas en ra-cimos frecuentemente se encuentra huerfano de una ayuda médica.
El autor concuerda con los especialistas del sector sobre el escaso conocimiento médico de esta forma de cefaleas, lo que impone una reflexión. en conclusión, el retardo y la dificultad parecen atribuirse a un problema de inadecuada asistencia que evidencian la necesidad de dar mayor espacio a la formación y agiornamiento al profesional.
Palabras claves: cefaleas en racimos, diagnostico, asistencia sanitaria
INTRODUZIONE
Tra i diversi problemi che il medico si trova ad affrontare nel management della cefalea a grappolo (CG), quello della diagnosi differen-ziale è probabilmente il meno complesso. Le caratteristiche cliniche della CG sono infatti così straordinariamente uniche, distintive e stereotipate (ovvero molto simili da paziente a paziente) che non riconoscerla rappresenta per il medico una grave colpa.
In teoria, se si tenessero bene in mente i tre elementi clinici distintivi della CG (tabella 1), a) il pattern di presentazione temporale (ri-correnza circa-annuale con periodi di attiva-zione e remissione, nella forma episodica, ricorrenza circa-diana del dolore ad orari ed in circostanze precise, con crisi spesso not-turne), b) le caratteristiche del dolore (unilate-ralità, durata breve, di solito inferiore alle 3 ore, intensità molto elevata, inizio e fine bru-sca), c) i sintomi di accompagnamento (loca-li, quali lacrimazione, arrossamento oculare, rinorrea, congestione nasale, ptosi palpebra-le etc, e generali, la sensazione di irrequie-tezza o smania di muoversi che accompagna il dolore), un’anamnesi dettagliata ed un buon esame fisico sarebbero sufficienti per arrivare facilmente alla diagnosi (1).
Con queste premesse il processo di diagnosi differenziale dovrebbe limitarsi: a) all’esclusione di quelle forme, molto rare, che condividono con la CG almeno in parte gli elementi patogenetici (coinvolgimento ipota-lamico ed attivazione del sistema trigemino-vascolare) e di riflesso il quadro clinico (fac-ciamo riferimento alle altre cefalee trigemino -autonomiche quali Hemicrania parossitica e sindrome SUNCT ed all’Hemicrania conti-nua): b) al riconoscimento di quelle cefalee rare che presentano una sovrapposizione parziale, ovvero che interessa solo uno degli
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elementi clinici distintivi della CG (quali la ce-falea ipnica e la nevralgia sovraorbitaria): c) alla diagnosi di quelle forme di cefalea che si manifestano con un quadro clinico simile alla CG ma che sono secondarie a patologie del cranio o del collo (cefalea cluster-like o cefa-lea a grappolo sintomatica) (2).
Tabella 1. Cefalea a grappolo: criteri diagnostici (Classificazione Internazionale delle Cefalee, 2° ed. Cephalalgia 2004; 24 (Suppl. 1))
A. Almeno 5 attacchi che soddisfino i criteri B-D.
B. Dolore di intensità forte o molto forte, unilaterale, in sede orbitaria, sovraorbitaria e/o temporale, della durata di 15 180 minuti (senza trattamento).1
C. La cefalea è associata ad almeno uno dei seguenti sintomi o segni:
1. iniezione congiuntivale e/o lacrimazione omolaterali
2. ostruzione nasale e/o rinorrea omolaterali
3. edema palpebrale omolaterale
4. sudorazione facciale e frontale omolaterale
5. miosi e/o ptosi omolaterali
6. irrequietezza o agitazione
D. La frequenza degli attacchi è compresa tra uno ogni due giorni e 8 al giorno.2
E. Non attribuita ad altra condizione o patologia.3
1 Durante il decorso della malattia (comunque per meno tempo della metà della sua durata) gli attacchi possono essere di minore intensità e/o di durata inferiore o superiore a quella indicata.
2 Durante il decorso della malattia (comunque per meno della metà della sua durata) gli attacchi possono avere una frequenza minore rispetto a quella indicata.
3 L’anamnesi, l’esame obiettivo generale e neurologico non suggeriscono alcuna condizione o patologia elencate nei gruppi 5-12, oppure l’anamnesi e/o l’esame obiettivo generale e/o l’esame obiettivo neurologi-co ne suggeriscono la presenza, ma questa viene esclusa da appropriate indagini strumentali, oppure an-cora la condizione o patologia è presente, ma gli attacchi di cefalea non si manifestano per la prima volta in stretta relazione temporale con essa.
In pratica però, questo tipo di inquadramento rappresenta soltanto un’ utopia degli specia-listi. Negli ultimi 10 anni, diversi studi che hanno valutato l’efficienza dei sistemi sanitari nel garantire ai pazienti affetti da CG una diagnosi tempestiva e l’adozione delle misure terapeutiche più adeguate hanno chiaramen-te documentato come tra la prospettiva spe-cialistica illustrata prima e la prospettiva rea-listica esiste una frattura enorme. Come già dimostrato per l’emicrania (3), anche la cefa-lea a grappolo è una patologia “sotto-diagnosticata e gestita in maniera sub-ottimale” (4). Gli specialisti non troppo distrat-ti dall’esaltazione miracolistica di tecno-terapie sono concordi nel riconoscere che la mancanza di consapevolezza medica sulla CH rappresenta un’emergenza e che l’implementazione della formazione e dell’aggiornamento professionale mirato su questa patologia costituiscono una priorità non differibile. La cefalea a grappolo è so-prattutto un problema di inadeguatezza assi-stenziale.
CEFALEA A GRAPPOLO: UN PROBLEMA DI INADE-GUATEZZA ASSISTENZIALE
Negli ultimi anni, nei paesi occidentali, diversi ricercatori si sono occupati, soprattutto nel settore delle cefalee, dell’identificazione di eventuali “barriers to care” ovvero ostacoli ad una gestione ottimale delle diverse patologie. Questi studi possono essere visti come pro-pedeutici ad una fase di pianificazione fina-lizzata ad un uso più corretto delle risorse
Cefalea a grappolo: un problema di inadeguatezza assistenziale
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sanitarie e sono particolarmente importanti in patologie quali la cefalea a grappolo in cui la diagnosi è semplice e non richiede particolari ausili strumentali e le terapie disponibili sono efficaci nella maggior parte dei pazienti.
Tutte le valutazioni effettuate finora nella CG sono concordi nello stabilire la presenza di importanti ostacoli ad un management otti-male dei pazienti(5, 6, 7). In Italia mancano dati specifici a riguardo. Con l’intenzione di acquisire informazioni relative ai percorsi as-sistenziali seguiti dai pazienti affetti da CG e di identificare eventuali ritardi diagnostici ed errori di gestione terapeutica, abbiamo sotto-posto 100 pazienti (71 uomini, 29 donne, età media 40.2 ±9 anni, CG episodica= 89 CG cronica= 11), afferiti consecutivamente pres-so il Centro Cefalee dell’INI di Grottaferrata dal Giugno 2003 a Maggio del 2006, ad una intervista semi-strutturata mirata su questi argomenti.
Di seguito riportiamo i risultati principali di questo studio (tabella 2), nel contesto dei dati rilevati in altri paesi.
Tabella 2. Indicatori di efficienza diagnostica e terapeutica nella cefalea a grappolo (100 pazienti visitati tra il 2003 ed il 2006 presso il Centro Cefalee INI Grottaferrata)
tempo per ricevere la diagnosi corretta
7.3 ± 8 anni
pazienti che ricevono la diagnosi al primo episodio
10 %
pazienti che ricevono la diagnosi entro 3 anni dall’esordio
35%
pazienti che consultano il medico al primo episodio
70%
numero di specialisti consultati prima di ricevere la diagnosi
2.9 ±2
numero di pazienti che riferisce di avere ricevuto una
o più diagnosi errate prima della diagnosi corretta
62%
diagnosi errate ricevute dai pazienti affetti da CG
Sinusite 17%
Nevralgia trigeminale 13%
Problema dentario 12%
Emicrania 10%
pazienti che hanno effettato un esame di imaging prima della diagnosi
62%
Pazienti che hanno effettuato più di 4 esami strumentali prima della diagnosi
20%
pazienti che hanno ricevuto trattamenti di prima scelta per
la CG prima della visita presso il centro cefalee
Imigran fl 55%
O2 31%
Verapamil 41%
Carbonato di Litio 21%
Cortisone 32%
operatore sanitario che effettua la diagnosi
Centro Cefalee 60%
Neurologo 24%
Altro specialista 7%
Auto-diagnosi 6%
Medico di base 3%
Il tempo medio per formulare la diagnosi va-ria dai 3 anni dell’Olanda (popolazione non clinica) ai circa 7 di USA (popolazione non clinica), Inghilterra (popolazione mista, clinica e non) e Italia.
Sebbene in Inghilterra, i dati a disposizione suggeriscano un netto miglioramento nella tempestività della diagnosi dagli anni 60 (tempo medio alla diagnosi 22 anni) agli anni ‘90 (tempo medio alla diagnosi meno di 3 anni) il ritardo diagnostico sembra comunque inaccettabile.
I dati ottenuti presso il nostro centro ci indi-cano che solo il 10% dei pazienti riceve la diagnosi al primo attacco di cefalea a grappo-lo e che solo il 35% dei pazienti riceve la dia-gnosi corretta entro 3 anni dall’esordio. Se tale è il ritardo diagnostico è facile ipotizzare che in un dato momento temporale, la mag-gior parte dei pazienti affetti da CG non ha diagnosi, ovvero non sa di che patologia sof-fre. Questo timore è stato recentemente con-fermato in uno studio epidemiologico italiano condotto a Parma (8) in cui solo il 38% dei
Cefalea a grappolo: un problema di inadeguatezza assistenziale
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pazienti con CG identificati dai ricercatori a-veva già ricevuto la diagnosi corretta (per tutti effettuata da specialisti neurologi).
Quali sono i motivi del ritardo diagnostico? E’ colpa del paziente che non va dal medico o è colpa del medico che non la diagnostica?
I nostri dati indicano che il 70% dei pazienti consulta un medico al primo attacco e che il 95% lo fa al secondo attacco. L’88% si rivol-ge, in prima istanza, al medico di medicina generale ed il 10% va da un dentista. Pertan-to la prima ipotesi è da scartare.
I pazienti vanno tempestivamente dal medi-co. Anzi, tutti i dati sono concordi, indipen-dentemente dalla nazione in cui sono stati rilevati, che negli anni che intercorrono tra l’esordio e la diagnosi, il paziente comincia un pellegrinaggio tra studi medici.
In Italia, come nei paesi anglosassoni, ogni paziente viene visitato di media da tre medici prima di ricevere la diagnosi. Gli specialisti più consultati in Italia sono gli otorinolarin-goiatri (47%), i dentisti (37%), gli operatori di medicine alternative (28%), gli oculisti (16%) ed incredibilmente gli allergologi (14%) (in Inghilterra ed Olanda, con piccole deviazioni percentuali sono coinvolti lo stesso tipo di specialisti).
In questo girovagare tra specialisti i pazienti ricevono spesso etichette diagnostiche errate e, conseguenzialmente procedure tera-peutiche inutili, spesso invasive. In Inghilter-ra la metà dei pazienti con cefalea a grappolo che va da un dentista o da un otorino, subi-sce un intervento chirurgico quali estrazioni dentarie, correzione di deviazione del setto nasale etc. (7).
Nel nostro studio il 62% dei pazienti riferisce di avere ricevuto una diagnosi errata, il 16% riferisce di averne ricevuta più di una (negli USA la media è di 3.9 diagnosi ricevute pri-ma di quella corretta).
Gli errori diagnostici più frequenti, rilevati nel nostro Centro, riflettono la tipologia di specia-listi consultati e sono i seguenti: sinusite (17%), nevralgia trigeminale (13%), patologia dentaria (12%), emicrania (10%), artrosi cer-vicale (4%), cefalea senza ulteriore specifica (3%), disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare (3%) (anche in questo caso i dati non differiscono da quelli rilevati in altri paesi quale l’Olanda).
L’importanza degli errori diagnostici sta nel fatto che ad essi seguono di solito la prescri-zione di esami inappropriati (il 62% dei pa-zienti afferenti al nostro Centro ha effettuato un esame di imaging prima di ricevere la dia-gnosi ed un paziente su 5 ha effettuato al-meno 4 esami strumentali), di terapie errate e la mancata prescrizione di terapie documen-tate come efficaci.
In Italia, Olanda, USA e UK, meno della metà dei pazienti riceve la prescrizione dei farmaci sintomatici o di prevenzione di prima scelta (sumatriptan fiale, verapamil, litio, cortisone), mentre la metà o più viene consigliata di as-sumere farmaci inefficaci (amitriptilina, beta-bloccanti, flunarizina, antidolorifici).
Resta un quesito da chiarire. Chi fa la dia-gnosi corretta?
In Italia, nell’88% dei casi la diagnosi viene fatta da specialisti neurologi, per la maggior parte operativi presso un Centro Cefalee (60%) e solo il 3% delle diagnosi viene fatta dal medico di medicina generale, percentuale più bassa delle auto-diagnosi (6%). Nel Re-gno Unito la percentuale di diagnosi fatte dal medico di medicina generale è più alta (20% vs. 60% effettuate da neurologi) ed in cre-scente aumento nel corso dei decenni, pro-babilmente a seguiti di interventi di formazio-ne mirati. In questo paese il 13% arriva ad un auto-diagnosi, prevalentemente attraverso documentazione reperita sul web, a testimo-nianza della semplicità della diagnosi e dello straordinario potenziale educativo delle cam-pagne di informazione. Con queste premes-se, il pragmatismo britannico ha portato al convincimento che, aldilà dei programmi di formazione sui medici di base e altre figure professionali, il modo più rapido per migliora-re l’efficienza della sanità in relazione alla cefalea a grappolo è inviare tutti i casi dubbi al neurologo.
WE ARE ONLY HUMANS
Il nostro studio ha il limite di essere stato condotto su una popolazione clinica, afferen-te ad un centro specialistico, e come tale non è rappresentativo dell’intera popolazione di pazienti affetti da CG. E’ probabile, infatti, che i pazienti che si recano a visita presenti-no forme più severe ed esigenze assistenziali più importanti, anche se nella cefalea a grap-polo, rispetto ad altre cefalee primarie, l’esistenza di forme attenuate ed auto-gestite costituisce un eventualità infrequente. In re-
Cefalea a grappolo: un problema di inadeguatezza assistenziale
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lazione allo scopo della nostra indagine, l’utilizzo di una popolazione clinica ha proba-bilmente portato ad una sottostima delle pro-blematiche di adeguatezza assistenziale e come tale lo scenario proposto potrebbe ave-re tinte meno fosche di quello reale.
Con questi limiti metodologici i nostri dati in-dicano chiaramente che in Italia, come nel resto dei paesi occidentali, l’attuale organiz-zazione e preparazione dei servizi sanitari non è in grado di garantire tempestività dia-gnostica e management clinico adeguato ai pazienti affetti da cefalea a grappolo e che gli ostacoli ad una gestione ottimale sono solle-vati soprattutto dai medici.
Traducendo liberamente quanto scritto ven-totto anni fa da Packard (9) in un articolo ri-flessione sulle esigenze dei pazienti affetti da cefalea ed adattando le considerazioni alla cefalea a grappolo, la situazione non può es-sere descritta con parole migliori di queste: “il paziente affetto da cefalea a grappolo si ri-trova spesso orfano di aiuto medico. Nella sua ricerca di figure di riferimento girovaga negli studi di oculisti, otorini, neurologi, denti-sti, psichiatri, allergologi, chiropratici, omeo-pati e sperimenta le pratiche salutiste, di vol-ta in volta più in voga. Mette occhiali, viene radiografato, analizzato, massaggiato, mani-polato, punto, infiltrato, reso consapevole di improbabili intolleranze alimentari, messo a dieta, aerosolizzato, mette colliri, gocce, e-strae denti, lima il setto nasale, adatta i turbi-nati, si fa una cultura sulla anatomia dei tur-binati, prende farmaci inutili e troppo spesso riemerge con la sua cefalea intatta e molto molto sfiduciato...” (9) Ad oggi abbiamo a di-sposizione criteri diagnostici universalmente riconosciuti e di semplice applicabilità, una buona conoscenza dei meccanismi fisiopato-logici ed un discreto armamentario di presidi terapeutici. Il problema è che questo bagaglio culturale resta inapplicato e patrimonio di po-chi specialisti. Le cause principali di questo stato delle cose sono probabilmente quattro. In primis, la bassa prevalenza della cefalea a grappolo con conseguente scarsa esperien-za clinica specifica da parte di non specialisti. Secondo, c’è un’oggettiva mancanza di for-mazione adeguata nel corso di laurea e spe-cializzazione nonché di programmi educativi mirati post-laurea.
Terzo, la CG attrae pochi finanziamenti ed interessi commerciali (se non esistesse un terreno biologico in parte comune con l’emicrania difficilmente sarebbero stati indi-viduati farmaci sintomatici efficaci). In ultimo, c’è un diffuso e pericoloso pregiudizio cultu-rale che porta, in tutte le forme di cefalea, ad una soprastima delle forme secondarie per una deviazione antropologica che conduce a l’uomo a ricondurre il poco noto a spiegazioni note e famigliari e per una tendenza a far va-lere l’equivalenza tra sede del dolore e cau-sa, per cui ad esempio se è l’occhio che fa male a livello dell’occhio deve essere la ma-lattia.
Come sanare questa frattura tra ricerca ed esigenze dei malati? Parafrasando quanto scritto per l’emicrania il codice a tre cifre della soluzione è “education, education, educa-tion”.
Corrispondenza:
paolo.rossi90@alice.it
BIBLIOGRAFIA
1.
Bahra A et al.. Cluster Headache. A prop-spective clinical study with diagnostic implica-tions Neurology 2002;58:354-361
2.
Giraud P et al. Cluster-like headache: litera-ture review. J Headache Pain 2002;3:71-78
3.
Lipton RB, et al. (Migraine diagnosis and treatment: results from the American Migraine Study II. Headache 2001:638-645. American Migraine Study II)
4.
May A. Cluster headache: pathogenesis, di-agnosis and management. Lancet 2005;366:843-855
5.
Klapper JA et al. The misdiagnosis of cluster headache: a non-clinic population-based, internet survey. Headache 2000; 40:730-735
6.
Van Vliet JA et al. Features involved in the diagnostic delay of cluster headache. J Neurol Neurosurg Psychiatry 2003;74:1123-1125
7.
Bahra A, Goadsby PJ. Diagnostic delays and mis-management in cluster headache. Acta Neurol Scand 2004;109:175-182
8.
Torelli P et al.. Cluster headache prevalence in the Italian general population. Neurology 2005;64:469-474
9.
Packard RC, What does the patients with headache want? Headache 1979;19(7):370-4

Offline jude

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #1 il: Settembre 11, 2008, 14:34:40 Gio »
Le caratteristiche cliniche della CG sono infatti così straordinariamente uniche, distintive e stereotipate (ovvero molto simili da paziente a paziente) che non riconoscerla rappresenta per il medico una grave colpa.

E questo lo diciamo da anni!!!!
Per come la vedo io, l'unica scusante che possono avere i medici è che devono aspettare il secondo grappolo per avere la diagnosi certissima, e questo secondo grappolo sappiamo che può verificarsi anche a distanza di anni. Sono felice che comunque abbiano fatto questa riflessione.
Io proporrei quindi di riaprire il discorso "Questionario informativo" e attuare il progetto di inviarlo nei centri cefalee, magari allegando questo articolo sintetizzato.

P.S. Per i nuovi che non ne hanno sentito parlare, qualche mese fa abbiamo stilato un Questionario, dove si rivolgevano ai pazienti +o- 50 domande. Il progetto era di mandarlo nei Centri Cefalee sia per i sofferenti, per studiare l'epidemiologia, che per i medici, per ricordargli che esiste anche la ch.
 

Offline RRODOLFO

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #2 il: Settembre 11, 2008, 15:53:07 Gio »


GRAZIE DAVIDE!! UN DOCUMENTO DA TENERE SEMPRE  A PORTATA DI MANO!!!!

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #3 il: Settembre 11, 2008, 16:01:42 Gio »
Per Jude, sono nuovo e non ero a conoscenza del questionario, mi puoi spiegare come funziona?
Per quanto riguarda i tempi della diagnosi nel mio caso ci sono voluti almeno 5 grappoli... Mi hanno tolto denti, curato il nervo trigemino, somminstrato farmaci per l'epilessia e per esclusione diagnosticato la CH.

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #4 il: Settembre 11, 2008, 16:59:24 Gio »
grazie Davide

casper ;)

Offline DepeJo

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #5 il: Settembre 12, 2008, 11:11:18 Ven »
E' mai successo che a qualcuno venisse diagnosticata la CH mentre invece il problema fosse  un altro? I neurologi sono sempre in grado di discernere fra una CPH e una CH? E se le terapie vengono assegnate per la CH e la patologìa è la CPH, oppure una nevralgìa dentaria?
Si conoscono casi del genere?

Offline jude

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #6 il: Settembre 12, 2008, 12:40:06 Ven »
chi mi ha chiamato????? eccomi!!!
La discriminante essenziale tra la ch e la cph è che reagiscono diversamente ai farmaci. Si usa l'Indotest, che è un test in cui si somministra indometacina e si quantifica l'aumento di tempo tra un attacco e l'altro; in base ai risultati si stabilisce se è ch o cph. Considera che con la cph si hanno anche 15-20 attacchi al giorno, che durano dai 2 ai 45 minuti. L'indometacina per la cph funziona in modo totale; per la ch invece funziona quasi un tubo, nel senso che rallenta un pochino (ma proprio pochino) il ritmo degli attacchi. Di contro l'imigran alla cph gli fa un baffo.Io l'ho presa per 2 mesi e devo dire che, tra 8 attacchi di ch e 12 di cph di media, ho avuto subito un drastico miglioramento perchè la cph l'ho debellata in neanche 20 giorni.

Offline siciliano

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Re: Autocritiche della comunità scietifica
« Risposta #7 il: Settembre 13, 2008, 12:12:32 Sab »
grazie mitico skianta

alessandro
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