Non so bene perchè vi racconti questa storia.
Forse desidero fortemente ne resti traccia.
Avevo diciott'anni, era estate, primo pomeriggio.
Dalle mie parti quella è la "controra", è come d'inverno alle tre del mattino in settimana: non si muove foglia.
I miei erano chi a lavoro, chi a letto.
Io lavavo i piatti, sola in cucina.
E all'improvviso fui travolta da un'ondata di dolore morale a tal punto violento che fui COSTRETTA a piegarmi sul pavimento. Cercai di piangere, ma era impossibile. Mi rannicchiai in un angolo molto angusto del cucinino; lì rimasi per un pò; poi, rendendomi conto che chiunque mi avesse vista si sarebbe spaventato, e che d'altra parte non avrei potuto nascondere lo stato in cui ero, mi affrettai a finire di lavare i piatti, quindi uscii.
Andai verso una chiesa, d'istinto, come per ricevere protezione, ma mentre camminavo mi dissi che non potevo usare Dio a quel modo, che io non entravo in Chiesa da anni se non in occasione di matrimoni e funerali, che di Dio ci si deve ricordare per RINGRAZIARLO, non per supplicarlo.
E mentre camminavo io, che sapevo PERFETTAMENTE (ma come facessi a saperlo lo ignoravo) come quel dolore NON fosse mio, come io fossi una semplice testimone di quel dolore, come una CANNA, una cosa "vuota" (ma senziente) che QUALCUNO aveva voluto fosse attraversata da quel dolore, dissi a me stessa una cosa di cui avevo una INCROLLABILE certezza ( e perchè fosse incrollabile lo ignoravo): che quel giorno QUALCUNO doveva morire. Quindi cominciò un assurdo dialogo interiore, con me che mi dicevo ma che c'è di strano, tutti i giorni muore qualcuno, magari ad un passo da te, e tu neppure te ne accorgi. Eppure no, quel giorno qualcuno doveva morire, e non solo: la morte era una "farfalla di piombo", una farfalla di piombo, ne ero assolutamente certa, non avevo la più pallida idea di che diavolo volesse dire però lo sapevo.
Ad un tratto, improvvisamente, com'era venuto, il dolore scomparve.
Il giorno seguente io ero a lavoro sul bancone del bar di mio padre (a proposito, trenta chili fa anch'io ho fatto l'esperienza di essere una barista "bona"). Ad un tratto entra un uomo, con l'atteggiamento di chi sa che lo stanno aspettando. Si ferma sulla porta con due valigie in mano che non posa per terra neppure un istante. Il suo viso è fermo, immobile, pietrificato in un'espressione che io non so decifrare.
Non appena lo vede, mio padre, che vive per il suo bar ed il suo lavoro, molla tutto all'istante, si toglie il grembiule e mi dice rimani tu, vengo tra un pò. Vanno via insieme.
Allora sento i commenti. Questi giovani, sono deboli, mica come noi, basta un niente e si ammazzano. Sentisti di quello là, che si uccise al militare...
Il fratello di quello che è entrato invece, non lo conosci?, ieri pomeriggio, alla controra, si è ucciso gettandosi giù dal terrazzo del suo palazzo...ha lasciato le scarpe e l'orologio in ordine sul parapetto...
Io ci ho messo un bel pò a mettere in relazione la "farfalla di piombo" con il modo in cui si era ucciso, ma non ebbi nessun dubbio, dal primo momento, circa il fatto che la morte di cui ero stata testimone "dall'interno" fosse la sua, che il dolore che avevo provato, più intenso di qualunque dolore mai provato, fosse il suo.
Perchè? Noi esseri umani -od io, perlomeno- sentiamo la neccesità di dare un'interpretazione finalistica a quello che accade, a quello che viviamo. Perchè allora, che senso aveva tutto quello?
Allora io mi dissi che quello era un modo per mostrarmi quel che sarebbe accaduto se mi fossi suicidata, era un modo per proteggermi da quella tremenda tentazione...ma forse anche un modo per dire al mondo che ci si uccide per troppo dolore, e basta, che la "debolezza" non c'entra.
Allora io non lo sapevo, non ci avrei creduto se me l'avessero detto -perchè troppe volte mi avevano detto che avevo una vita bellissima, che ero molto fortunata, che era tanto egoistico da parte mia voler far finta di stare male- ma molti di quegli omaccioni che parlavano al bar di "debolezza" non avrebbero retto ad una settimana della vita che vivevo io, alla dolce vita della barista bona diciottenne, che vivena all'Inferno e nessuno lo sapeva.
Questi giovani...
Dedicato a te, non so neppure il tuo nome, ma siamo stati così vicini...
A te che nessuno ha salvato...perchè poi? Perchè io sì e tu no, fratello?
Io, Evi