Dopo un'intensa telefonata con Skianta ho deciso di scrivere di nuovo per esporre meglio la mia esperienza ed i rimedi descritti nel messaggio precedente.
Come ho detto, la constatazione dell'impotenza da parte della scienza medica circa le origini e le cause del CH mi ha costretto a riflettere. E, d’altro canto, oltre a essere caratterialmente poco incline a tollerare le attese - soprattutto per le risposte a domande urgenti - o a delegare ad altri, per quanto autorevoli, vicende che direttamente mi riguardano, non vedevo altro rimedio, di fronte all’altrui impotenza, se non quello di buttarmi nella mischia di me stesso.
Ed allora, fin dalle prime esperienze di respirazione consapevole, di consueling (una forma molto diretta ed immediata di psicoterapia) e di meditazione – alle quali ho fatto cenno nel messaggio precedente - ho incominciato a vedere di me cose interessanti...
...Le sintetizzo tutte negli atteggiamenti compulsivi in ogni mia vicenda quotidiana (nel lavoro quanto negli affetti che nelle relazioni - una costante smania di controllo e un infinito generare di aspettative e di desideri; negli svaghi, nei vizi e nei sollazzi - una continua quanto vana ricerca di piacere).
Da ciò le inevitabili conseguenze degli attacchi d'ansia, di depressione, d'irritabilità , dei disturbi del sonno e di quant'altro di catastrofico (dulcis in fundo il CH).
Questo il primo passo.
Del tutto inutile e privo di senso mi è parso perciò conoscere o saper da qualcuno da dove derivasse il grappolo o che cavolo facesse l'ipotalamo (o qualsiasi altro organo, ghiandola o accessorio del mio corpo) se io stesso, dall' "alto del mio raziocinio" non ero stato fino ad allora in grado di vedere me stesso né, tantomeno, la schiavitù del mio continuo e faticosissimo lavorio mentale.
Fu illuminante in proposito un'affermazione della terapeuta (una piacevole e intelligentissima persona, di scuola olistica, nonchè praticante di meditazione Vipasssana - con la quale sono ancora in contatto -) che candidamente mi disse: "Ma non ti accorgi che vivi dal collo in su e che non respiri ?"
Apriti cielo: ero un'enorme testa stanca con un appendice, il mio corpo, in continua apnea.
Da quel primo passo ne sono seguiti altri con le accennate sedute, neppure tanto frequenti, di consueling, con molte letture interessantissime e illuminanti e, soprattutto, con la meditazione (su quest’ultima ometto ogni definizione e rimando, per chi vorrà consultarla, alla sezione “Buddismo�?del sito radioradicale.it dove si possono ascoltare documenti audio molto interessanti sull’argomento*. - N.B. Ovviamente la politica e la religione non c’entrano !!
Di cose da dire e condividere ce ne sarebbero tante ma temo di svilire chi legge (se non l'ho già fatto).
Voglio solo aggiungere che grazie a quelle pratiche è maturata in me la sensazione che il CH (come molte altre gravi malattie) sia la punta dell'iceberg di un disagio personale e relazionale irrisolto ma risolvibile.
Lo vedo come un corto circuito emozionale dipendente in grande misura da un'atavica visione meccanicistica e dualistica dell'esistenza; come una frattura fra l'Essere e l'esistere che non può che sfociare nel dolore.
Per quanto mi riguarda i continui desiderare, tentare di controllare ogni cosa, avere aspettative su sé e gli altri, proporsi sempre utilitaristicamente, considerarsi speciale e insostituibile, pretendere a ogni costo un riparo da mali futuri e immaginari, agognare il bene come una droga e negare l'inevitabilità del male e, dopo l’ovvia sconfitta, smaniare per il piacere e la fuga, dipendere, insomma, da un Ego straripante, sono atteggiamenti che hanno radici loro proprie e che non derivano dal caso (forse anche dall’ipotalamo, ma soltanto fisiologicamente, e alla fine!).
Ho visto, perciò, i miei personali condizionamenti, certamente derivati dall’educazione, dalla memoria di esperienze negative incistatesi e così via e come essi siano stati in parte sostenuti da un contesto culturale e sociale (occidentale) che spinge alla competizione, al potere e al controllo, al benessere a tutti i costi, alla negazione dei disagi, delle sofferenze, della debolezza propria e altrui e al giudizio su tutto e tutti.
Ero totalmente e continuamente invischiato nelle classificazioni (bello-brutto, giusto-sbagliato, meglio-peggio, sano-malato, gioia-dolore, vita-morte etc. etc.).
Ora, comincio a essere consapevole della fatica e del dispendio di energie che richiedono il giudicare fra quegli opposti ed il pretendere l’esclusivo avverarsi dei primi.
Insomma, sento che quei meccanismi dissocianti (così chiaramente messi a nudo dal grappolo) portano all'inevitabile e inutile sfumare del presente: l’unica cosa che conta (e, per tornare alla fisiologia, non sarà che l’ipotalamo s’infuria quando glielo si vuole sottrarre ?).
Concludo: la meditazione insegna che la vita è essere qui e ora - con tutti i suoi meravigliosi contrar - e che lei (la vita) è qualcosa di ben più grande e prezioso della esistenza di ognuno, soprattutto se trascorsa catalogando.
Meditiamo, gente, meditiamo.
* P.S. Segnalo vivamente (soprattutto per i più scettici) la puntata del 27/6/2003 fra quelle disponibili in rete su raioradicale.it incentrata sulla figura di John Kabat-Zinn, biologo molecolare, che ha sviluppato le tecniche della meditazione per la riduzione dello stress in ambito ospedaliero ed ha studiato l'impatto della meditazione su alcune patologie estremamente diffuse.
Scusate la lunghezza e per chi fosse arrivato fin qui..
..Cari saluti.
E W la Bestia.
Paolo.